Valorizzazione del titolo di Dottore di Ricerca nella Pubblica Amministrazione: alcune proposte

Introduzione

Il titolo di dottore di ricerca è stato istituito nel nostro paese da oltre trent'anni ma ad oggi il riconoscimento e la valorizzazione del titolo al di fuori dell’ambito accademico sono ancora carenti.

La VI indagine dell’ADI rileva che solamente il 6% degli assegnisti di ricerca alla conclusione del primo anno di contratto possono ambire ad un posto di lavoro a tempo indeterminato all'interno delle università italiane. L’implementazione di politiche volte a valorizzare il dottorato nel settore privato e negli enti pubblici, pertanto, non può più essere rinviata se vogliamo evitare che questo capitale sociale, per cui sono state investite importanti risorse finanziarie, venga sprecato.

Né il settore privato né la Pubblica Amministrazione (PA) sembrano in grado di dar vita a politiche volte alla valorizzazione della figura dei dottori di ricerca. Per quanto riguarda la PA, ad esempio, il dottorato di ricerca non è quasi mai richiesto come titolo preferenziale per accedere all’impiego e frequentemente non viene nemmeno valutato tra i titoli.

In via generale, in quasi tutti i comparti della PA, anche quando viene attribuito un punteggio per i “titoli accademici” raramente il dottorato viene menzionato esplicitamente e l’attribuzione di un punteggio è lasciata alla completa discrezionalità della commissione. Un caso particolarmente evidente riguarda il Servizio Sanitario Nazionale, i cui concorsi sono disciplinati dal D.P.R. 483/97, che non considera esplicitamente il dottorato di ricerca tra i titoli valutabili.

La Legge 240/2010, inoltre, ha eliminato il diritto dei dipendenti della PA di richiedere il congedo per svolgere un dottorato di ricerca, rendendolo discrezionale al parere del dirigente. In questo modo si scoraggia la formazione e la crescita professionale dei pubblici dipendenti.

Va anche notato che nei contratti collettivi nazionali il titolo non è considerato e non è prevista nessuna posizione stipendiale specifica per i possessori di dottorato di ricerca.

Alla luce della situazione attuale e della recente proposta di riforma della pubblica amministrazione, l'ADI ha consegnato nelle scorse settimane al governo alcune dettagliate proposte per valorizzare il titolo di dottorato. Le nostre proposte sono articolate su cinque temi:

  1. Valorizzazione del titolo in sede concorsuale
  2. Valorizzazione del periodo di dottorato come anzianità lavorativa
  3. Congedo per dottorato di ricerca
  4. Valorizzazione del dottorato di ricerca ai fini delle progressioni economiche;
  5. Canali di accesso per i dottori di ricerca nei concorsi pubblici

 

1. Valorizzazione del titolo in sede concorsuale

Quadro normativo

Articolo 17, comma 111, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

«Le norme che disciplinano l'accesso al pubblico impiego sono integrate, in sede degli accordi di comparto previsti dall'articolo 51 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con le modalità di cui all'articolo 50 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni, al fine di tenere in considerazione le professionalità prodotte dai diplomi universitari, dai diplomi di scuole dirette a fini speciali, dai diplomi di laurea, dai dottorati di ricerca e dai diplomi delle scuole di specializzazione, nonché dagli altri titoli di cui al comma 95, lettera a)».

Articolo 4, commi 1 e 7, della legge 3 luglio 1998, n. 210

«1 – I corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso Università, Enti Pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione».

«7. La valutabilità dei titoli di dottorato di ricerca, ai fini dell'ammissione a concorsi pubblici per attività di ricerca non universitaria, è determinata con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro, di concerto con gli altri Ministri interessati».

 

Proposta normativa ADI

Si propone di aggiungere, dopo l’art. 35 del d.lgs. n. 165/2001, il seguente comma 5 all’art. 35-bis (per l’introduzione del quale v. infra):

«Art. 35-bis. Valorizzazione del titolo di dottore di ricerca.

5. Restando fermo l’obbligo di valutare, ove attinente, il titolo di dottore di ricerca, il punteggio attribuito a quest’ultimo non può essere inferiore a quello proporzionale ai crediti formativi universitari (CFU) ad esso riconosciuti secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 2, Decreto Ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 “Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei” e successive modificazioni, rispetto a quelli riconosciuti agli altri titoli eventualmente rilevanti ai fini del concorso».

 

Breve relazione

La ratio della proposta è quella di evitare che nella valutazione dei titoli rilevanti ai fini del concorso venga attribuito ad essi il medesimo punteggio, senza distinguere adeguatamente tra master, dottorato e altri titoli. La proposta formulata si attiene ad un criterio di proporzionalità tra i titoli dettato dai CFU necessari per conseguire ciascuno di essi.

Applicando quanto illustrato nella presente proposta ad un esempio, se a un master annuale (60 CFU) viene riconosciuto un punto, poiché il dottorato di ricerca, secondo l’art. 5 comma 2, DM 509/1999, comporta l’acquisizione di 180 CFU, ad esso vanno riconosciuti tre punti.

 

2. Valorizzazione del periodo di dottorato come anzianità lavorativa

Proposta normativa ADI

La proposta di ADI è quella di riconoscere il periodo del dottorato (per chi lo svolge prima di entrare nella P.A.) come anzianità lavorativa ai fini della progressione di carriera.

Il modello potrebbe essere l’art. 2 della legge 476/1984, sul dottorato dei pubblici dipendenti, che prevede che il periodo di dottorato (per chi lo fa durante il rapporto di lavoro), sia considerato “utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza”. In quest’ultimo caso il computo del dottorato ai fini della quiescenza e ai fini previdenziali è possibile perché il rapporto di lavoro è già in essere.

Si propone pertanto di inserire (nella stessa l. 476/1984) la previsione per cui “nei casi in cui il dottorato è richiesto come requisito di partecipazione, la sua durata venga computata quale anzianità lavorativa ai fini della progressione di carriera”.

 

3. Congedo per dottorato di ricerca

Quadro normativo

L’art. 2 della l. n. 476/1984 recita:

«Il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca è collocato a domanda, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione, in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso ed usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste. In caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio, o di rinuncia a questa, l'interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell'amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro. Qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, cessi il rapporto di lavoro o di impiego con qualsiasi amministrazione pubblica per volontà del dipendente nei due anni successivi, è dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo periodo. Non hanno diritto al congedo straordinario, con o senza assegni, i pubblici dipendenti che abbiano già conseguito il titolo di dottore di ricerca, né i pubblici dipendenti che siano stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico, beneficiando di detto congedo. I congedi straordinari e i connessi benefici in godimento alla data di entrata in vigore della presente disposizione sono mantenuti.

Le norme di cui al presente articolo si applicano anche al personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in riferimento all'aspettativa prevista dalla contrattazione collettiva.

Il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza».

 

Proposta normativa ADI

Al comma 1, le parole «compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione» sono abrogate.

 

Breve relazione

La formulazione della disposizione introdotta dalla l. n. 240/2010, che rende discrezionale la concessione dell’aspettativa per il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato, ha creato una forte disparità di trattamento tra pubblici dipendenti nell’accesso al dottorato di ricerca. La disposizione ha consentito a molte Amministrazioni di negare l’aspettativa senza addurre motivazioni valide, o comunque di giustificare il diniego in virtù delle limitazioni di organico. In tal modo la possibilità di ottenere l’aspettativa dipende dalle condizioni dell’amministrazione in cui il dipendente si trova a svolgere il suo lavoro, con evidente disparità di trattamento tra uguali dipendenti.

Il ripristino del diritto all’aspettativa elimina tali disparità, mantenendo la ratio della precedente norma circa il controllo su eventuali abusi, poiché l’aspettativa può essere concessa per un solo dottorato.

 

4. Valorizzazione del dottorato di ricerca ai fini delle progressioni economiche

Proposta normativa ADI

1. Al comma 1-bis dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, dopo il secondo periodo è aggiunto il seguente: «La contrattazione collettiva assicura che nella determinazione dei criteri per l’attribuzione delle progressioni economiche sia adeguatamente valorizzato il possesso del titolo di dottore di ricerca».

Breve relazione

La disposizione serve a far sì che nella predisposizione degli accordi finalizzati all’attribuzione delle progressioni economiche sia dato rilievo alle maggiori competenze assicurate dall’avvenuto svolgimento di attività di ricerca ad alto livello nell’ambito del corso di dottorato.

 

5. Canali di accesso per i dottori di ricerca nei concorsi pubblici

Quadro normativo

L. 124/15, art. 17 (c.d. legge Madia): «f) valorizzazione del titolo di dottore di ricerca, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 7, della legge 3 luglio 1998, n. 210, e dall'articolo 17, comma 111, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni»;

Articolo 4, commi 1 e 7, della legge 3 luglio 1998, n. 210

«1 – I corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso Università, Enti Pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione».

«7. La valutabilità dei titoli di dottorato di ricerca, ai fini dell'ammissione a concorsi pubblici per attività di ricerca non universitaria, è determinata con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro, di concerto con gli altri Ministri interessati».

 

Proposta normativa ADI

Si propone di introdurre canali di accesso dedicati per i dottori di ricerca laddove siano richiesti profili altamente qualificati all’interno della PA. L’ADI avanza in tal senso due opzioni possibili.

 

5.a Concorsi riservati ai possessori del titolo di dottore di ricerca

ADI propone l’indizione di concorsi riservati ai possessori del titolo di dottore di ricerca, così da valorizzare le competenze acquisite con il dottorato. Proponiamo quindi di inserire nel testo unico della PA una disposizione di questo tipo: “la contrattazione collettiva deve prevedere apposite qualifiche per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del dottorato di ricerca”.

 

5.b Riserva per i dottori di ricerca nei bandi della PA

Si propone di eliminare la previsione della lettera e-ter) al comma 3 dell’art. 35 (come prevede la bozza approvata dal Consiglio dei Ministri) e di aggiungere, dopo l’art. 35 del d.lgs. n. 165/2001, il seguente:

«Art. 35-bis. Valorizzazione del titolo di dottore di ricerca.

1. Ai soggetti in possesso del titolo di dottore di ricerca in ambiti disciplinari attinenti al profilo messo a concorso, fermo restando il possesso dei requisiti previsti dal bando, è riservata una quota minima pari al 10 per cento dei posti nelle selezioni bandite dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché dalle aziende speciali e nelle istituzioni di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni, per l'assunzione di personale con contratto a tempo determinato o indeterminato per i profili professionali per i quali è richiesta la laurea.

2. Se le riserve di cui al comma 1 non possono operare integralmente o parzialmente perché danno luogo a frazioni di posto, tali frazioni si cumulano con le riserve relative alle successive selezioni per l'assunzione di personale bandite dalla medesima amministrazione, azienda o istituzione ovvero sono utilizzate nei casi in cui si proceda ad ulteriori assunzioni attingendo alla graduatoria degli idonei.

3. Le amministrazioni, le aziende speciali e le istituzioni di cui al comma 1, trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica copia dei bandi di concorso o comunque dei provvedimenti che prevedono assunzioni di personale nonché, entro il mese di gennaio, il prospetto delle assunzioni operate ai sensi del presente articolo nel corso dell'anno precedente.

4. Resta ferma la facoltà per le pubbliche amministrazioni di richiedere il possesso del titolo di dottore di ricerca quale requisito di accesso per specifici profili o livelli di inquadramento.

 

Conclusioni

La ratio delle proposte è agevolare l’ingresso nella Pubblica Amministrazione di personale altamente qualificato che, in virtù del proprio percorso di studi, può contribuire a rendere più efficiente, efficace e reattiva la macchina della PA. I posti riservati ai dottori di ricerca sono calcolati sulla base dei bandi per i quali la laurea triennale è requisito di partecipazione, come ad esempio gran parte di quelli per i funzionari.

È opportuno sottolineare che per accedere ai ruoli dirigenziali è necessario un periodo minimo di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione con la qualifica di funzionario, salvo l’accesso per corso-concorso. A tal fine è opportuno favorire l’accesso dei dottori di ricerca nei ruoli che costituiscono l’anello di congiunzione essenziale tra dirigenza e profili operativi, assumendo così un valore centrale per l’effettivo funzionamento dell’amministrazione (si pensi solo alle concrete responsabilità decisionali che possono essere affidate ai funzionari).