Verso un Fioramonti 2.0? Considerazioni a margine dopo il flop della legge di bilancio

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Comunicato pubblicato su roars.it martedì 24 dicembre 2019

 

Nonostante le nostre continue battaglie, la Legge di Bilancio di quest’anno non prevede alcuna misura a favore di dottorandi, ricercatori o della ricerca in generale. L’abbiamo definita “La Caporetto della ricerca“. E adesso? Proviamo a ripercorrere le fasi che ci hanno condotto a questo desolante risultato, per capire cosa ci aspetta e cosa auspichiamo.

Sin dalla nascita del governo Conte II, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti, si è distinto per aver condotto una giusta battaglia politica per ottenere maggiori risorse per scuola e università. Tuttavia, la strategia politica del Ministro per incidere nel dibattito sulla legge di bilancio è stata prevalentemente quella di affidarsi a dichiarazioni a mezzo stampa e social, volte a sollecitare un forte impegno del governo a finanziare un settore strategico, pena le sue stesse dimissioni.

Al termine del dibattito sulla legge di bilancio, è evidente – com’era del resto largamente prevedibile – che questa strategia non abbia funzionato. Il governo ha dimostrato una totale incapacità nel raccogliere gli stimoli parlamentari, pervenuti peraltro da molteplici componenti della maggioranza e, in diversi casi, esplicitamente apprezzati dal mondo accademico. D’altra parte, non ha giovato il continuo tira e molla da parte di alcune forze della maggioranza sulla sopravvivenza del governo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: siamo di fronte alla peggiore legge di stabilità degli ultimi anni per quanto riguarda l’università.

L’unico investimento consiste infatti nel maggior finanziamento a copertura del diritto allo studio che, per quanto apprezzabile, resta il minimo indispensabile per dare un futuro al Paese; sono rimasti invece fuori dalla legge di bilancio l’aggancio della borsa di dottorato al minimale contributivo INPS e il finanziamento di qualsiasi piano che permettesse di avviare un reclutamento universitario ordinato e ciclico necessario a causa del continuo assottigliamento dell’organico dei nostri Atenei.

Nonostante la delusione per i contenuti della legge di bilancio, è innegabile che ci siano stati alcuni passi avanti rispetto alla precedente gestione. Il Ministro Fioramonti, infatti, ha sempre dimostrato interesse per le necessità del mondo universitario e non è un caso che dal suo insediamento si registri una nuova fase di positivo confronto con il Ministero sui temi del dottorato e del precariato universitario, completamente trascurati, invece, dal predecessore.

Pertanto, anche se la strategia delle esternazioni a mezzo stampa e social non ha prodotto gli effetti desiderati, non potremmo dirci soddisfatti delle eventuali dimissioni del Ministro: siamo convinti che sia importante che alla guida del MIUR vi sia una figura che dimostri interesse e attenzione verso le problematiche più gravi insite nel precariato della ricerca. È evidente però che pur di fronte alle attenzioni del Ministro, in assenza di un serio impegno per il rifinanziamento della ricerca, le esigenze materiali dei precari del mondo continueranno a rimanere insoddisfatte.

Nell’ultimo anno abbiamo lavorato incessantemente per porre all’attenzione della comunità politica e accademica la necessità di una revisione dell’impianto di reclutamento previsto nella Legge 240. In Parlamento sono stati depositati due Disegni di legge che raccolgono, in varia misura, questa istanza, mentre tutto il mondo accademico ha ormai riconosciuto l’urgenza di introdurre veri meccanismi di tenure track, abbandonare i contratti più precarizzanti quali gli assegni e gli Rtd-A, e prevedere risorse che garantiscano agli attuali precari le giuste opportunità per entrare in ruolo.

In altre parole, abbiamo bisogno che si passi dalle parole alla concretezza: il MIUR si assuma la responsabilità di spingere per una scelta strategica del Paese su università, innovazione e ricerca, valorizzando le persone che fanno parte di questo mondo attraverso misure concrete, a partire da una profonda revisione dei meccanismi di reclutamento del personale accademico, e di un sistema transitorio per gli attuali precari.

Le nostre aspettative rispetto a questo percorso sono alte, ma commisurate alle esigenze della ricerca e dell’università in Italia: è su questo che giudicheremo definitivamente l’operato di questo Ministero.