Progressioni verticali nella PA: fino al 2025 svalutazione dei titoli di studio

Il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del comparto FUNZIONI LOCALI Periodo 2019-2021 prevede all’Art. 13 “Norme di prima applicazione” comma 6, quanto segue:

In applicazione dell’art. 52, comma 1-bis, penultimo periodo, del D.Lgs.n.165/2001, al fine di tener conto dell’esperienza e della professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’amministrazione di appartenenza, in fase di prima applicazione del nuovo ordinamento professionale e, comunque, entro il termine del 31 dicembre 2025, la progressione tra le aree può aver luogo con procedure valutative cui sono ammessi i dipendenti in servizio in possesso dei requisiti indicati nella allegata Tabella C di Corrispondenza."

Tale articolo disciplina, quindi, i nuovi criteri per le progressioni verticali del personale della PA. La Tabella C del suddetto CCNL descrive i requisiti per le progressioni verticali tra le diverse nuove Aree, corrispondenti a:

  1. Area degli Operatori;
  2. Area degli Operatori esperti;
  3. Area degli Istruttori;
  4. Area dei Funzionari e dell’elevata qualificazione.

Per quel che concerne la progressione verticale dall’Area degli Istruttori all’Area dei Funzionari e dell’elevata qualificazione, i requisiti minimi necessari sono il possesso di una laurea (triennale o magistrale) e almeno 5 anni di esperienza maturata nell’Area degli Istruttori (o nella corrispondente categoria del precedente sistema di classificazione della PA) OPPURE il diploma di scuola secondaria di secondo grado e almeno 10 anni di esperienza maturata nell’Area degli Istruttori.

Tale scelta miope avalla ancora una volta l’idea che la sola esperienza di lavoro all’interno della PA possa fornire le stesse competenze tecniche e trasversali di un percorso di studio come la laurea, senza contare l'ennesima assenza del Dottorato di Ricerca tra i possibili requisiti dell’Area dei Funzionari e dell’elevata qualificazione.

Come ADI abbiamo già più volte segnalato la gravità dell’assenza di ogni forma di riconoscimento e valorizzazione del Dottorato di Ricerca nei bandi di reclutamento e progressioni verticali/orizzontali all’interno della Pubblica Amministrazione italiana (https://dottorato.it/content/nuova-area-delle-elevate-professionalit%C3%A0-nel-comparto-funzioni-centrali-della-pa-dottorato, https://dottorato.it/content/sar%C3%A0-del-ministro-zangrillo-il-%E2%80%9Cmerito%E2%80%9D-di-attuare-la-legge-sul-riconoscimento-del-dottorato, https://dottorato.it/content/phd-e-pa-dottori-discriminati), con diretto riferimento anche al nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del comparto Funzioni Centrali relativo al periodo 2019-2021.

Inoltre, come anche descritto in un recente articolo del Corriere della Sera: “Analizzando il bando pubblicato dal ministero dell’Economia, così come ha fatto Il Messaggero, si evince che ci sono a disposizione 597 posti da funzionario per gli attuali assistenti e il termine massimo per partecipare alle progressioni verticali è fissato al 9 settembre. In questo caso, il regolamento prevede la stesura di una graduatoria con un punteggio massimo di 100. I punti saranno distribuiti in questo modo: 40 in base all’esperienza professionale, dove ogni anno in amministrazione vale 1,6 punti; 35 punti andranno alle competenze professionali, che saranno valutate da un test conseguito dopo la frequentazione di un corso online di autoformazione. Questo varrà 30 punti, mentre gli altri cinque saranno assegnati in base al titolo di studi: un punto per un master, 2,5 per la specializzazione e tre per un dottorato. Infine, altri 25 punti saranno assegnati in base alla formazione: la laurea vale 20 punti, il diploma di scuola superiore 15. Da questo si evince che l’anzianità lavorativa può arrivare a pesare più di un titolo di studi. Lo stesso vale per i bandi dell’Anpal, Agenzia nazionale per il lavoro, dove per le sue progressioni verticali l’esperienza può arrivare a valere fino a 50 punti, le competenze acquisite fino a 25 e pari punti sono assegnati alla laurea, uno in meno per il diploma di scuola superiore”; appare chiara la volontà dell’attuale Ministro Zangrillo (e per estensione dell’ARAN) di scoraggiare la formazione e il conseguimento di titoli di studio, tra cui il Dottorato di Ricerca, a favore della sola esperienza maturata all’interno della PA.

Inoltre, secondo la Tabella C del CCNL Funzioni Locali, 5 anni di esperienza nella PA equivalgono al conseguimento di una laurea magistrale.

Se ciò non bastasse, come riportato nell’articolo del Corriere della Sera, il punteggio attribuito al Dottorato di Ricerca in quei pochi concorsi pubblici virtuosi è assolutamente inadeguato, disconoscendo l’importanza delle competenze tecniche ma soprattutto trasversali possedute da un dottore di ricerca che potrebbero trovare ampia valorizzazione all’interno delle strutture della PA. 

Come ADI chiediamo con forza il riconoscimento formale del Dottorato di Ricerca come requisito integrativo all’esperienza pregressa nella PA per l’accesso alle posizioni dell’Area dei Funzionari e dell’elevata qualificazione del comparto Funzioni Locali.

In aggiunta, chiediamo:

  1. il riconoscimento del dottorato di ricerca come esperienza lavorativa pregressa;
  2. il riconoscimento di un punteggio aggiuntivo al dottorato nella valutazione dei titoli per le selezioni bandite da amministrazioni pubbliche, aziende speciali ed enti locali, comunque non inferiore al doppio di quello attribuito a ulteriori lauree o lauree magistrali, ovvero non inferiore al triplo di quello attribuito a master universitari o altri titoli post-laurea di durata annuale;
  3. la valorizzazione del dottorato di ricerca ai fini delle progressioni economiche e di carriera in qualsiasi settore della PA;
  4. il riconoscimento formale del dottorato di ricerca come requisito preferenziale di accesso alle posizioni da Funzionario di III livello, e obbligatorio per il personale della nuova Area EP del comparto Funzioni Centrali e di dirigente, superando la formula “ove pertinente, tra i titoli rilevanti ai fini del concorso” che limita la valorizzazione a vantaggio della discrezionalità;
  5. la reintroduzione del diritto al congedo per il conseguimento del primo dottorato di ricerca, sottraendolo alla discrezionalità del dirigente.
  6. la reintroduzione del periodo finale dell’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in ordine alla valorizzazione dei titoli ivi previsti: “La contrattazione collettiva assicura che nella determinazione dei criteri per l'attribuzione delle progressioni economiche sia adeguatamente valorizzato il possesso del titolo di dottore di ricerca nonché degli altri titoli di studio e di abilitazione professionale di cui all'articolo 35, comma 3-quater” scomparso con il DL 81/2021.

Si passi dalle parole ai fatti per una reale valorizzazione della conoscenza, della formazione e delle elevate professionalità all’interno della Pubblica Amministrazione italiana!