PhD e PA: oltre il danno la beffa!

L’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia continua a ricevere segnalazioni inerenti il “malessere” di dipendenti pubblici-Dottori di Ricerca a causa delle condotte tenute da alcune Amministrazioni, tra cui paradossalmente anche alcuni Atenei, in cui a causa di un’errata interpretazione e/o “impropria” applicazione della normativa vigente in materia di congedo “per motivi di studio”, alcuni dottorandi/e e dottori/esse di ricerca si sono visti anziché “valorizzati”, addirittura “discriminati” nelle procedure per le progressioni economiche svolte dall’amministrazione di appartenenza, nei bandi di concorso espletati e perfino nel trattamento riservato al lavoratore nel momento del rientro in servizio, dopo il periodo di congedo.

Spesso il dipendente pubblico-Dottore di Ricerca che ha usufruito del congedo “per motivi di studio”, è trattato come un “fannullone”, ossia colui che si è “imboscato” a spese dell’Amministrazione e, pertanto, dev’essere emarginato e in qualche maniera castigato.

Tra le varie segnalazioni pervenute ha suscitato particolare stupore l’Università del Salento con il “Bando di Selezione per la Progressione Economica all’interno della Categoria ai sensi degli artt. 79 e 82 del CCNL del Comparto Università sottoscritto in data 16/10/2008 e artt. 42 e 64 del CCNL del Comparto Istruzione e Ricerca sottoscritto in data 19/04/2018 - Anno 2021- Categorie B - C- D.”, in cui era previsto tra i «criteri di selezione» per l’attribuzione dei punteggi la «Qualità della prestazione individuale», che «è attestata dal competente “Ufficio Gestione integrata del ciclo della performance, Controllo e cambiamento organizzativo” dell’Amministrazione universitaria» mediante «punteggio corrispondente alla media del “Punteggio totale assegnato” su ogni scheda in occasione della valutazione della performance individuale e/o organizzativa degli anni di riferimento», con la precisazione che «in caso di assenza prolungata per l’intero anno si utilizza la media della categoria di appartenenza, salvo che l’assenza non sia dovuta ad aspettativa per altra esperienza lavorativa o dottorato di ricerca».

Ove il bando prevede per i dipendenti in congedo per dottorato un punteggio inferiore a quello riconosciuto ai colleghi assenti per altre ragioni (ossia parametrato alla media della categoria di appartenenza), si è creata un’incomprensibile e ingiustificata disparità di trattamento in danno dei dottorandi, impegnati in attività professionalizzante e formativa meritevole, semmai, di maggiore apprezzamento.

Si fa presente, infatti, che l’accesso al dottorato è subordinato al superamento di concorso pubblico e la frequenza al corso consente l'acquisizione di conoscenze e competenze di elevatissimo livello, di cui beneficia direttamente anche l’amministrazione di appartenenza, come evidenziato dalla recentissima giurisprudenza.

L’assegnazione ai dipendenti pubblici in congedo per dottorato di un punteggio pari a “0” (zero) inferiore a quello dei colleghi in “assenza prolungata” per ragioni diverse non trova alcuna giustificazione e finisce per equiparare il dipendente impegnato in tale complesso ed encomiabile percorso di formazione post-universitaria al dipendente che abbia ottenuto una valutazione negativa delle performance pari a quella prevista per il licenziamento.

Spesso accade quindi che il Dottore di Ricerca sia paragonabile al peggior dipendente!

Aver stabilito un’equivalenza tra “assenza prolungata” e “performance scarsa", come se chiunque si assentasse per periodi lunghi dalla propria mansione fosse per ciò stesso un imboscato a spese dell'Amministrazione è fortemente discriminante. Non è giusto, infatti, che l'Amministrazione, esercitando le sue facoltà, accolga la richiesta di “congedo per motivi di studio”, riconoscendone la legittimità, per poi, inspiegabilmente, “punire” il medesimo lavoratore “colpevole” di aver usufruito del congedo, costringendolo a dover adire le vie legali per ottenere il riconoscimento dei suoi diritti.

Talvolta, accade, poi, che il povero dipendente pubblico-dottore di ricerca non ritorni a rivestire le precedenti funzioni di responsabilità e addirittura si veda paradossalmente negare alcune “posizioni” con il pretesto che “esse siano un ripiego e non siano abbastanza all’altezza della di una persona con elevata preparazione”, ciò viene detto (nei casi peggiori con un sottile sgradevole sarcasmo) al sol fine di scoraggiare e indurlo a reprimere le sue legittime aspirazioni.

Alla luce delle tante segnalazioni ricevute, si confida in un’interlocuzione rapida con il Ministero per la Pubblica Amministrazione affinché siano risolti definitivamente questi paradossi e siano restituiti dignità e diritti ai dipendenti pubblici-Dottori di Ricerca.