Se la valutazione diventa un requisito di eleggibilità
“Ste ragazze che vonno abbortì levamoje i punti della patente. Mbe’? Nun puoi portare avanti una gravidanza, nun puoi portare manco a machina...”
Queste sono le parole che Corrado Guzzanti mette in bocca al personaggio di Don Florestano Pizzarro, un cardinale cinico e molto poco “politically correct”, in un fortunato sketch teatrale. Ebbene, pare che Don Pizzarro abbia recentemente assunto un ruolo di rilievo all'Università Aldo Moro di Bari. Non si spiega altrimenti, infatti, la recente delibera del Senato Accademico dell’Ateneo Pugliese, che stabilisce:
«Requisiti di eleggibilità per le cariche accademiche […] − riguardo alla valutazione della ricerca, di fare riferimento ai dati della VQR, prevedendo che il candidato debba dichiarare di aver ottenuto una valutazione media non inferiore allo 0,4. […] − riguardo alla valutazione della didattica, […] risultato di soddisfazione pari al 70%, per ciascun insegnamento impartito”».
Non riesci ad ottenere una valutazione VQR superiore ad una soglia arbitrariamente fissata? Gli studenti non giudicano “soddisfacenti” le tue lezioni? Beh, allora non puoi essere eletto ad alcuna carica accademica. Questo quanto afferma, letteralmente, la delibera appena citata.
Ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate, se fosse uno sketch di Guzzanti. Siamo invece di fronte al tentativo di privare una parte del corpo docente del proprio diritto a partecipare alla gestione dell'Università: l’ennesimo attacco alla rappresentanza democratica nei luoghi di lavoro, stavolta portato dallo stesso organo rappresentativo di tutte le componenti della comunità accademica dell'Università di Bari. VQR e valutazioni vengono usati non come strumenti per migliorare la ricerca e la didattica, ma come armi per punire pochi “rei”, definiti tali con parametri che ANVUR, il CUN e la stessa CRUI raccomandano di non utilizzare per valutare l’operato di singoli docenti.
ADI esprime la propria solidarietà a tutti i docenti dell'Università Aldo Moro di Bari, e sottoscrive la lettera di protesta di 93 professori e ricercatori dell’ateneo pugliese pubblicata ieri su ROARS. Come associazione rappresentativa dei dottorandi e dei ricercatori precari, chiediamo dunque al Magnifico Rettore e al Senato Accademico dell'Università di Bari di annullare la delibera del 30/01/2018, e riaffermare il rispetto dei principi alla base della democrazia e della partecipazione di docenti, giovani ricercatori e studenti alla vita dell’Ateneo.
Pubblicato Mer, 04/04/2018 - 16:21
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