Il giornalista e regista italiano Gabriele Del Grande è stato arrestato il 9 aprile scorso dalla polizia turca mentre si trovava al confine con la Siria per documentare l'esodo del popolo siriano dal proprio Paese. Dopo giorni di silenzio, Del Grande ha potuto contattare la propria compagna, alla quale ha detto di trovarsi in isolamento nel centro di identificazione ed espulsione di Mugla. Non gli è stata usata violenza, ma gli sono stati requisiti documenti e telefono e gli si vieta di comunicare con l'esterno, anche solo per contattare un avvocato.
Ad oggi le autorità turche non hanno contestato a Del Grande alcun reato. Perché, allora, si trova detenuto da ormai dieci giorni? Perché le autorità turche hanno arrestato una persona alla quale, evidentemente, non possono contestare nulla, se non una generica e fumosa accusa di essere un pericolo per la sicurezza nazionale? La palese violazione dei diritti umani di cui è vittima ha spinto Del Grande a iniziare uno sciopero della fame, allo scopo di richiamare l'attenzione del nostro paese sul suo caso. Una delle informazioni che il giornalista ha potuto dare alla famiglia è che gli interrogatori a cui è stato sottoposto riguardano la natura del suo lavoro, che si concentra molto sulla documentazione dei flussi migratori. Il governo italiano ha chiesto ufficialmente la liberazione di Del Grande, e altri Paesi hanno accolto l'appello lanciato dal giornalista toscano.
Anche ADI accoglie e rilancia con forza l'appello di Del Grande, di cui chiediamo l’immediata liberazione.
Vogliamo sottolineare che questo caso è purtroppo solo uno dei tanti riguardanti la violazione dei diritti umani in Turchia, paese nel quale la libertà di opinione e di espressione è messa in serio pericolo da una politica autoritaria che rifiuta il dialogo e risponde con il carcere ai propri oppositori. In seguito al tentato golpe del luglio scorso, il governo ha sollevato dai propri incarichi e arrestato decine di accademici accusati di essere vicini all'opposizione. Queste misure drastiche e spesso brutali sono state fortemente contestate dalle associazioni per la tutela dei diritti umani: con il pretesto della sicurezza interna, infatti, le autorità turche sanzionano le espressioni di dissenso cercando di mettere a tacere le voci degli intellettuali critici nei confronti del presidente. ADI crede che la circolazione delle informazioni e del pensiero siano strumenti necessari e irrinunciabili per la civiltà, e che il confronto dialettico debba essere alla base di ogni forma di governo che non sia un cieco e sterile esercizio di un potere.
Chiudere qualcuno in carcere senza giustificato motivo, negargli assistenza legale, tenerlo in un limbo illegale e insostenibile sono i segni più chiari della volontà di cancellarlo. Ma nessuno permetterà che Gabriele sparisca, così come non spariranno tutte le persone che si trovano in una situazione analoga perché hanno scelto da che parte stare, nella lotta contro regimi e dittature.
Pubblicato Gio, 20/04/2017 - 18:01
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