Dichiarazione congiunta: le autorità italiane devono dimostrare una posizione credibile e autorevole sul caso Giulio Regeni

Le organizzazioni firmatarie guardano con preoccupazione ai recenti sviluppi nel processo per il rapimento, la tortura e l'omicidio di Giulio Regeni, e chiedono con fermezza che l'esecutivo italiano assuma una posizione credibile sul caso, sospendendo tutti i programmi di formazione e cooperazione di polizia di cui beneficiano la polizia e le forze di sicurezza egiziane, alla luce della loro responsabilità istituzionale nei tentativi di insabbiare il caso.

Il 13 febbraio 2023 si è tenuta a Roma una nuova sessione del processo contro il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Hisham Helmi, e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per l'omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni. I quattro imputati sono accusati di rapimento aggravato, mentre il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif è accusato anche di partecipazione a lesioni fisiche gravi e omicidio grave.

Nonostante le numerose interruzioni del processo nel corso dell'ultimo anno a causa della mancata collaborazione delle autorità egiziane alle indagini, la seduta di lunedì si è conclusa con un nuovo rinvio a giudizio, aggiornato al 3 aprile.
Un altro fatto degno di nota è che il capo di governo Giorgia Meloni e il Ministro degli Esteri Antonio Tajani sono stati convocati a testimoniare durante la prossima udienza in merito alle recenti dichiarazioni rilasciate da entrambi circa il proprio convincimento della volontà di collaborazione delle autorità egiziane sul caso.

Forse l’unico nuovo elemento emerso è che da ora sarà finalmente possibile notificare ai quattro imputati saranno notificate le accuse a loro carico - presso il luogo di lavoro anche in caso di mancata elezione di domicilio, ai sensi della nuova legge 30 dicembre 2022, n.199, che ha riformato il codice di procedura penale italiano stabilendo i termini e i modi in cui le accuse devono essere notificate agli imputati residenti all'estero, chiudendo così finalmente una problematica lacuna nel precedente quadro normativo che avrebbe potuto essere stata utilizzata dalle autorità egiziane per proteggere dalla giustizia i quattro agenti della Sicurezza Nazionale accusati dell'omicidio di Giulio Regeni.

Nel 2020, la Procura del Cairo aveva aperto un’indagine sui quattro imputati, ma il caso era stato successivamente chiuso per mancanza di prove, e non è mai arrivato in tribunale.

Nei sette anni successivi alla morte di Regeni, le autorità egiziane si sono sistematicamente rifiutate di condurre un'indagine trasparente per fare luce sull’accaduto, e non hanno collaborato con le autorità giudiziarie italiane sul caso, fornendo addirittura prove e testimonianze fittizie e, più recentemente, dichiarando l’impossibilità di notificare ai quattro imputati le accuse a loro carico, trascinando così il processo in una fase di stallo. 

Nonostante i notevoli sforzi della Procura italiana che ha lavorato al caso, anche il governo italiano ha una parte di responsabilità nel travagliato svolgimento delle indagini sul caso Regeni, soprattutto per la mancata assunzione di una posizione autorevole e credibile nella richiesta di collaborazione da parte dell'Egitto. 

Tra il 2016 e oggi, mentre aumentavano le prove del clima di impunità in cui operano la polizia e le forze di sicurezza egiziane, la Direzione per gli Affari di Polizia di Stato presso il Dipartimento italiano di Pubblica Sicurezza ha progettato e realizzato oltre 26 corsi di formazione dedicati a più di 360 agenti egiziani di diversi corpi e divisioni, tra cui la NSA, l’apparato di sicurezza gravemente implicato nel caso Regeni. I corsi sono stati svolti presso strutture di addestramento della polizia in Italia e in altri Paesi partner, e sponsorizzati principalmente attraverso risorse del Ministero dell'Interno italiano. 

Inoltre, nel corso dell'ultimo decennio l'Italia ha fornito agli apparati di sicurezza dello Stato e alle forze di polizia egiziane tecnologie di sorveglianza e attrezzature informatiche e paramilitari per una serie di attività che spaziano dal controllo delle frontiere alle operazioni antiterrorismo, nonostante il crescente clamore degli organismi internazionali per i diritti umani e della società civile che denunciavano la gravità della mancanza di trasparenza e dell'impunità della polizia in Egitto.

Nel 2018, Italia ed Egitto hanno lanciato congiuntamente la prima edizione dell'International Training at the Egyptian Police Academy - ITEPA I, un programma di formazione internazionale sul controllo e la sicurezza delle frontiere che l'Italia ha finanziato attraverso la propria quota del Fondo Sicurezza Internazionale (ISF 2 - frontiere e visti) al costo di € 2.147.042,36.

Alla luce di questo quadro, le reiterate promesse dei rappresentanti dello Stato italiano di sollecitare l'Egitto a collaborare alle indagini e pretendere dalle autorità del Cairo un’assunzione di responsabilità qualora rifiutassero di agire in tal senso perdono ogni credibilità e autorevolezza.

Chiediamo alla procura italiana competente di adottare tutti i rimedi disponibili offerti dalla legge, comprese le nuove disposizioni contenute nella legge del 30 dicembre 2022, n. 199 (riforma Cartabia), per garantire la fine del protrarsi dell'interruzione del processo, in modo che il tribunale possa determinare attraverso un procedimento equo la responsabilità dei quattro imputati nel rapimento, nella tortura e nell'omicidio di Giulio Regeni, in coerenza con gli standard internazionali e nazionali sulla ricerca della verità e sui diritti umani;

Chiediamo al Ministero dell'Interno italiano di sospendere immediatamente tutti i programmi di formazione e cooperazione di cui beneficiano direttamente o indirettamente gli apparati di sicurezza e le forze di polizia dello Stato egiziano, alla luce del regime di impunità e disprezzo per i diritti umani e per lo stato di diritto in cui operano. 

Chiediamo al governo egiziano di tenere fede ai propri obblighi internazionali in conformità con la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti, firmata dall'Egitto nel 1986, e di prendere seri provvedimenti legislativi per criminalizzare tutte le forme di tortura, assicurando che i responsabili non rimangano impuniti. A tal fine è necessario emendare l'articolo 126 del Codice penale egiziano, L. 58/1937, sul reato di tortura e i suoi rimedi per colmare le carenze legislative, nonché il Codice di procedura penale, L. 150/1950, sul diritto delle vittime di tortura di avviare un procedimento penale contro i presunti responsabili.

Chiediamo all'esecutivo egiziano di firmare e ratificare la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2010, che definisce misure appropriate per indagare su questo crimine e assicurare i responsabili alla giustizia.

Organizzazioni firmatarie: