L'ADI scrive alla CRUI: proroghe retribuite in tutti gli atenei, no a misure singole

L'ADI scrive una lettera alla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) per chiedere dei chiarimenti rispetto all'intenzione, manifestata da alcuni Atenei, di concedere un rinvio volontario e non retribuito della discussione per i cicli 34 e 35 del dottorato. 

Queste misure non solo rischiano di essere impugnate dal Ministero (violando la circolare 12835/2016), ma costituiscono un grave motivo di disparità tra i dottorandi e le dottorande, per i quali e le quali chiediamo, da tempo, una proroga retribuita e valida in tutti gli Atenei. 

Per questo, pur apprezzando la sensibilità verso le esigenze della categoria che rappresentiamo, riteniamo più opportuna una mobilitazione dei Rettori e delle Rettrici nei confronti del Ministero dell’Università e della Ricerca, affinché la proposta dell'ADI di una proroga retribuita, stabilita a livello centrale ed unitario, con gli opportuni atti di legge, trovi luogo anche per i cicli 34 e 35, come già avvenuto per il ciclo 33.

Di seguito il testo integrale della lettera.


Alla CA
Del Presidente
Prof. Ferruccio Resta
Conferenza dei Rettori delle Università Italiane
SEDE
e, p.c.,
alle Magnifiche Rettrici e ai Magnifici Rettori

Oggetto: Precisazioni in merito a iniziative di ateneo concernenti la proroga dei cicli XXXIV e XXXV del dottorato di ricerca.

Magnifiche, Magnifici,

Ci giunge notizia degli intendimenti di taluni atenei di prevedere, a favore delle/degli iscritte/i ai cicli XXXIV e XXXV del dottorato di ricerca, proroghe non retribuite. Tali misure di proroga, come le SS.LL. di certo sanno, sarebbero vietate, stando all’impianto del DM 45/2013 del MIUR, nell'interpretazione che ne ha fornito la circolare prot. 12835 del 18 maggio 2016 emessa dalla ex Direzione Generale per lo studente, lo sviluppo e l'internazionalizzazione della formazione superiore del MIUR. In essa, di fatti, si legge:
«Occorre infatti evidenziare che, nella disciplina attualmente in vigore, non risulta riprodotta la lettera dell’art. 6 comma 9 del previgente DM 30 aprile 1999, n. 224, a mente del quale “per comprovati motivi che non consentano la presentazione della tesi nei tempi previsti, il Rettore, su proposta del collegio dei docenti, può ammettere il candidato all’esame finale in deroga ai termini prefissati e, in caso di mancata attivazione del corso, anche in altra sede”.

La deroga dei termini previsti ha rappresentato l’oggetto di un amplissimo potere discrezionale da parte del collegio dei docenti sia in ordine al quantum della proroga complessivamente assentita sia in ordine al numero delle proroghe stesse, benché tale potere fosse fondato su ragioni di studio e di ricerca normalmente esposte dal dottorando nella domanda di proroga e mediato dal potere formale di accordare la proroga stessa al Rettore.
[...]
[Tale atto è] il DM 45/2013 [che,] all’articolo 8, comma sesto, prevede che “I valutatori esprimono un giudizio analitico scritto sulla tesi e ne propongono l'ammissione alla discussione pubblica o il rinvio per un periodo non superiore a sei mesi se ritengono necessarie significative integrazioni o correzioni. Trascorso tale periodo, la tesi è in ogni caso ammessa alla discussione pubblica, corredata da un nuovo parere scritto dei medesimi valutatori, reso alla luce delle correzioni o integrazioni eventualmente apportate.”

Non esiste, pertanto, alcun vuoto normativo o di disciplina, posto che il DM 45/2013 prevede una limitata possibilità di proroga del Corso di dottorato nell’attribuire “ai valutatori” la possibilità di disporre un rinvio dell’ammissione alla discussione pubblica della tesi per un periodo non superiore a sei mesi, laddove vengano ritenute significative integrazioni o correzioni dell’elaborato di tesi.
La ratio del DM è infatti quella di garantire una durata effettiva ed uniforme del Corso di dottorato, che verrebbe elusa nel caso in cui alla proroga “legale” semestrale prevista dal Decreto dovesse affiancarsi unaprassi contra legame derogatoria del chiaro disposto normativo incline ad accordare un'ulteriore proroga (annuale?) al dottorando che ne facesse richiesta al Collegio dei docenti e per le medesime esigenzecontemplate nel Decreto.

L’articolo 6 comma 1 del citato DM stabilisce peraltro che “i corsi di dottorato di ricerca hanno durata noninferiore a tre anni” ragion per cui specifiche esigenze di studio e di ricerca di carattere ultra-triennale possono trovare una giustificata regolazione nella disciplina dei singoli corsi di dottorato. Chiarito quantosopra, si raccomandano gli atenei in indirizzo ad attenersi scrupolosamente alla normativa, legislativae regolamentare, applicabile all’ipotesi di proroga dei Corsi di dottorato di ricerca

L' ADI, fin dall’emanazione del DM 45, ha sempre segnalato la necessità di prevedere flessibilità in uscita dal dottorato, attraverso l'introduzione di una proroga retribuita — ben diversa dal differimento a sei mesi della discussione pubblica proposta dai valutatori esterni — nella ferma convinzione che il lavoro di dottorande e dottorandi esiga quel trattamento dignitoso che solo la retribuzione può garantire.

Se anche queste affermazioni abbisognassero di una chiara riprova, la pandemia da nuovo coronavirus l’ha fornita, ostacolando a più riprese e sotto diversi aspetti il lavoro di ricerca, ragione per cui, fin dal marzo del passato anno, ADI ha chiesto, proprio in ragione dell’assenza, meccanismi di flessibilità in uscita nell’impianto del DM 45, l’introduzione, con legge, di proroghe retribuite per i cicli XXXIII, XXXIV e XXXV, infine ottenendo la proroga per un periodo complessivo di mesi cinque per il solo XXXIII ciclo.

Tanto precisato in punto di diritto, siamo qui a rimarcare come interventi di proroga non retribuita a livello di ateneo, oltre ad essere esclusi in radice dai succitati atti ministeriali, si risolvono in acute disparità di trattamento tra dottorandi che prestano attività in atenei diversi e, non prevedendo retribuzione alcuna per il periodo di proroga, rappresentano un grave vulnus poiché finirebbero per addossare i costi economico e sociale della pandemia sulle categorie più fragili della comunità accademica.

Pur apprezzando la sensibilità verso le esigenze della categoria che rappresentiamo, penalizzata dalle misure legate al contrasto della circolazione di SARS-COV-2, riteniamo tuttavia necessario sottolineare che un tale impegno potrebbe essere più congruamente declinato non già nel senso di misure differenziate, solitarie e non retribuite ma verso una soluzione unica, eguale per tutte e tutti e retribuita. Una soluzione, quest’ultima, che può essere sostenuta dalle SS.LL., per via dell’autorevolezza della loro posizione nel sistema accademico, nelle opportune interlocuzioni col Ministero dell’Università e della Ricerca, affinché la proposta dell'ADI di una proroga retribuita stabilita a livello centrale ed unitario, con gli opportuni atti di legge trovi luogo anche per i cicli XXXIV e XXXV, come già avvenuto per il ciclo XXXIII.

La segreteria nazionale

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