Nella seduta di ieri, 30/09/2015, il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) ha discusso e approvato il suo parere sulla bozza di decreto che riforma l’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), a due anni dalla sua sospensione. Come ADI abbiamo contribuito attivamente alla discussione a partire dalle nostre osservazioni critiche e contro-proposte, facendoci anche portavoce di posizioni ampie provenienti dal mondo dei ricercatori non-strutturati.
Diversi e indubbi i miglioramenti proposti dal CUN che abbiamo sostenuto: dalla definizione concettuale dei valori soglia, come livelli minimi che i candidati debbano anche solo raggiungere e non necessariamente superare, alla richiesta che i tre titoli vincolanti sui sette richiesti all’art. 4 del DM siano ridefiniti come criteri aggiuntivi di valutazione “non automatici” a disposizione delle Commissioni valutatrici. Positiva è stata anche la proposta di introdurre un nuovo indicatore non-bibliometrico relativo a un amplio ventaglio della produzione scientifica dei ricercatori, senza confinarla agli articoli su riviste di fascia A e alle monografie; allo stesso modo abbiamo salutato con favore la proposta di considerare la didattica in atenei e istituti di ricerca italiani come criterio aggiuntivo di valutazione.
Nonostante i detti miglioramenti, molti dei quali sostenuti nel nostro documento di proposta, alcuni rilevanti elementi avanzati dal parere del CUN hanno al contrario incontrato la nostra ferma opposizione. In particolare due nodi della discussione ci hanno costretto a non poter accettare alcuna mediazione al ribasso. In primo luogo il CUN, come già l’ANVUR, ha riproposto di introdurre la possibilità di deroga totale degli indicatori previsti da parte delle Commissioni valutatrici previo voto unanime delle stesse. Tale misura, per quanto eccezionale, rischiava a nostro avviso di aprire le porte a casi di discrezionalità inaccettabili, minando al principio di piena certezza e trasparenza delle regole minime per i candidati.
Il secondo punto è stato per noi il più discriminante: la mancata introduzione di un fattore che ponderasse tutti gli indicatori previsti per l’età accademica dei candidati. Una misura presente nella scorsa ASN e che serviva appunto a evitare possibili penalizzazioni per i ricercatori più giovani, con meno anni di carriera e quindi anche meno pubblicazioni. Con nostro rammarico, il CUN non ha accolto la nostra proposta di richiedere la reintroduzione di tale “normalizzazione per età accademica”, confermando la bozza ministeriale e il parere espresso dall’ANVUR. Inoltre, il CUN ha aggiunto proposte che – a nostro avviso – rischiano di introdurre ulteriori elementi penalizzanti per i giovani ricercatori. In particolare è stato proposto di introdurre un nuovo indicatore per i settori bibliometrici che consideri in senso assoluto il numero di tutte le pubblicazioni scientifiche nella carriera del singolo ricercatore: un parametro che, in assenza di un’adeguata normalizzazione per età accademica, restringerà inevitabilmente le chances per i ricercatori più giovani.
Per queste ragioni siamo stati obbligati, in totale solitudine, a votare in senso contrario al parere formulato dal CUN. Lungi dall’obbedire a una logica corporativa o di conflitto generazionale, come ADI abbiamo sentito la responsabilità di dover rispondere agli interessi del sistema universitario nel suo complesso. Proprio per questo abbiamo dato voce a quella parte più debole e meno tutelata dell’università, costituita dai dottorandi, assegnisti e ricercatori a tempo determinato, che rappresentano oggi il futuro dell’Università in questo Paese.
La nostra battaglia però non finisce qui. La partita sulla definizione dei valori-soglia, vero fondamento della nuova ASN, è ancora tutta da giocare. E noi saremo lì di nuovo. Pronti ad essere dalla parte delle componenti più deboli dell’Università. Anche a costo di essere soli in CUN
Pubblicato Ven, 02/10/2015 - 11:08