Giornata mondiale dei diritti delle persone con disabilità: che fine ha fatto quel Ministero?

Il 3 dicembre rappresenta un’occasione di visibilità per le esigenze di chi vive una condizione invalidante. Questa occasione permette di evidenziare ancora le carenze in termini di diritti e inclusione della società in cui viviamo, ancora distante da essere un luogo di piena partecipazione alla vita sociale di tutte e tutti.
 
Noi dell’ADI, che dell’inclusione abbiamo sempre fatto una bandiera, siamo costantemente vicini a tematiche complesse e sempre attuali come quella della disabilità per cui è attivo da due anni un gruppo di lavoro ad hoc. Proprio da questo osservatorio emerge come nella ricerca accademica i diritti e l’uguaglianza delle persone con disabilità siano ancora un lontano miraggio. L’accesso al dottorato di ricerca non prevede quote di riserva, né tantomeno i percorsi universitari successivi.
 
La risposta del Governo in carica è stata l’istituzione di un ministero ad hoc, peraltro senza portafoglio, con cui manifestare il proprio interesse sul tema. Il timore, che pare proprio inverarsi, è che l’operazione sia stata unicamente funzionale a mostrare un interesse sulla carta in luogo di un impegno sostanziale. Riteniamo che tale ministero non solo non sia proficuo, ma che esista già nel ministero delle Pari Opportunità la sede dove dibattere e affrontare ogni tematica legata alla disabilità, al punto che questo nuovo dicastero si configura come un clone scevro da ogni contenuto di rilievo, oltre che esprimere già di per sé motivo di discriminazione verso questa fascia di cittadini.
 
L’Italia non ha per certo bisogno di un ministero ad hoc per la disabilità, quanto piuttosto di un coordinamento interministeriale, che vada a rimuovere barriere e sorgenti di discriminazione. Questo aspetto è divenuto particolarmente attuale in una crisi pandemica come quella che stiamo vivendo che rende più complessa la tutela dei diritti di ogni altra fascia della popolazione. Diritti che, citando Gino Strada, «devono essere di tutti, ma veramente di tutti. Altrimenti sarebbe meglio chiamarli privilegi».